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giovedì 13 ottobre 2011

ALLE MIE DONNE..

Meriggi infocati
consumavano attese proibite.
L’attimo fermava il suo corso
su ogni battito del cuore.
L’immobilità delle cose
celava memoria dei travolgenti sospiri.
La casa, tutta, inspirava l’aroma del piacere.
I sensi e le ansie danzavano tremanti.
Arsa la gola, avida di baci,
palpitava incerta.
Aspettavo scorgere le amate forme all’angolo della via
le ombre sinuose oltre i cristalli del porticato,
e attendevo un suono, un gesto, un rintocco d’uscio.
Quando giungeva smoveva viscere e tumulti.
Il ventre sospendeva il respiro,
l’emozione non fiatava.
Il mio nido segreto si schiudeva
e gli oceani mugghiavano lontani,
mentre le maliziose muse varcavano la soglia.
Il desiderio rapiva le parole dalle bocche ansimanti,
il sole carezzava tremulo gli splendidi corpi.
Navigavamo così tra le lenzuola
avvinti, rampicati e folli di passione.
Stringendo il tempo tra le dita,
violavo l’incantato scrigno
alle cui dorate sponde
naufragavo sfinito.
Era un vortice di gemiti e respiri,
di silenzi e grida,
un ballo lento, inesorabile, infinito,
un cielo senza nuvole in cui poter entrare.
Ci scambiavamo baci, amore, pelle, ossa e destino.
Miei meravigliosi fiori ebbri e sgargianti di sensualità,
Mie voluttuose ed eterne stelle,
or che la vita pone impietosa il declino della gloria,
scosto la ruggine dai miei ricordi.
chiudo gli occhi
e vi rivivo, una per una.
Dall’attesa all’inevitabile addio…

venerdì 5 agosto 2011

IL PREZZO DELLE TUE ALI

Tesso respiri a folate di cielo,
volo ad alta velocità fra note e poesia,
tra bellezza, miseria e avidità.
Indugio sulla vita che non ho vissuto,
sulle labbra colte da un bicchiere,
sul sottile piacere della solitudine,
tra fremiti e tremori.
Mi libro oltre il canto delle cicale,
sussurri di grano,
correnti d’aria e aliti di vento.
La luna è una luce a metà
trattiene con sé i colori del tramonto.
Le stelle cadono ad illuminare
un volo, il volo,
stentoreo e arduo.
Non prendo quota,
bisacce di pensieri
pesano, gravano
sul triste frinire.
La libertà è una puttana,
ho fornicato a lungo per adularla,
ma mi ha fottuto.
Metamorfosi di sogni spinati,
sibilla ingannevole,
Erinni spregevole e affascinante:
a caro prezzo vendi le tue ali in frantumi
come mosaici di nubi alla rinfusa!
Sei bocca suadente e amara,
orchestra storpia di violini in festa,
illusa meta di un viaggio infinito,
fama ingannevole ed antro oscuro.
Scocca le catene, siamo tutti schiavi!
Indosserò occhi di corallo per conquistarti,
sarò lucciola e abisso,
terminato il volo
planerò in silenzio sulle onde del mare,
spezzate le catene ti cederò il canto
e varcherò l’accesso di tutti i confini del mondo.

domenica 26 dicembre 2010

VIVERE AL SECONDO

Ho messo a tacere le campane già da un po’. Le musiche che mi suonano dentro parlano sommessamente, incanalando note di vita su per le vene e si tramutano in versi, ricordi e parole. E proprio le parole imprimeranno i ricordi, le sensazioni, le gioie e i dolori di un altro anno giunto al suo termine. Una conferma subito: la mia filosofia di vita basata su tante affermazioni che riportano alla stessa idea del cogliere l’attimo, il giorno e tutto ciò che passa in un secondo, è valida adesso più che mai. Perché sono passati pochi secondi dal momento in cui ho suonato al citofono di un amico a quello in cui riavviandomi verso la mia auto posteggiata venissi investito da un’altra automobile. Ecco poniamo il caso che invece di riportare vari traumi (fastidiosi ma non gravi), io avessi battuto la testa o beh insomma che avessi lasciato questa vita e questo mondo. Bene, in questo caso avrei potuto farlo senza nessun rimpianto, perché ho morso ogni istante di questa vita e ripiegato alcuni rimpianti in un cassetto (purtroppo mai chiuso a chiave). Ho gustato le emozioni, affrontato i dolori, gioito e pianto sferzato dalle temibili corde di quell’arpia chiamata realtà, sferzato, vessato e talvolta imprigionato. Dunque se avessi perso i sensi magari avrei ripercorso questo anno e forse tutta la vita in pochi secondi come un film, quel film che spero di riuscire un giorno a realizzare. Un anno infausto di certo si sarebbe rivelato ai miei ricordi, un anno terribile e spaventoso che ha tentato spesso di mettermi paura, riuscendoci a volte. Involuzioni ed evoluzioni di una vita in un anno si equilibrano spesso su una bilancia immaginaria che pende spesso dal lato sbagliato, anche se tutto ciò è oggettivo. Quanto peso ha un bacio o fare l’amore intensamente, o la vanità dell’orgoglio per una conquista riuscita? Quanto peso ha avere persone care che rischiano la vita per interventi chirurgici delicati? Che peso ha aver perso importanti certezze degli anni passati e sapere che una buona parte delle telefonate che ti arrivano sono indesiderate? E’ relativo, certo.
Posso parlare delle mie esperienze televisive dei miei viaggi in tv, del primo percorso fatto ad aprile, posso dire delle persone fantastiche incontrate e dell’affiatamento tra cinquanta persone che non si erano mai viste prima. Potrei scrivere di quella splendida donna che in quel periodo, quando il sole iniziava a farsi più caldo pranzava con me e passava le sue ore furtivamente nascosta dal suo mondo esterno tra le mie braccia, di come chiudessimo la porta sulla quotidianità e di come ci librassimo in un mondo di piacere carnale e intenso. Più qualità che quantità rispetto al 2009, meno labbra, meno corpi, meno sospiri ma più coinvolgimento, come in un sogno di mezza estate durato a lungo… Due occhi di cielo che hanno brillato di vari colori. Potrei scrivere del ritorno a L'Aquila , del dispiacere, delle rovine, ma anche dell'orgoglio abruzzese, della loro forza e delle mie splendide amiche di lì. Le prime labbra dell’anno e i the notturni, l’incontro con amiche divenute presto importanti, le occasioni effimere e i nomi dimenticati, le granite alle 3 del mattino e i dolci caldi a effondere sensazioni taglienti. Potrei scrivere dell’amicizia, quella vera che avevo abbandonato ai tempi della mia giovinezza. Dunque parlare di gioventù ed in particolare di tutti quei ragazzi che hanno accresciuto il mio essere col loro entusiasmo, la leggerezza e la cultura del tempo vissuto. Redigere i ricordi forti legati al Centro Giovanile, la sua inaugurazione, le riunioni, gli eventi, l’affiatamento e le imprese estive come quando si è lavorato per 24 ore alla realizzazione di un evento unico, la forza di questi giovani, il coraggio di scuotere le fondamenta di un paese che sonnecchia. Che mi hanno affiancato, stimato, ascoltato e consigliato, completato, un gruppo che mi ha fatto sentire nel contempo coetaneo e maestro. Ecco, da che parte pesa la bilancia adesso? Volendo anche porre su uno di questi piatti, gli eventi negativi come gli ospedali, le ore di attesa, gli interventi chirurgici e le riprese, i problemi legati al lavoro, l’economia in declino. Ed allora, da che parte pende la bilancia? Tutto ciò di cui scrivo, ciò che ognuno di noi passa, è l’essenza della vita stessa, sono le speranze e le aspettative, il sopravvalutare le persone, esprimersi nell’arte in qualsiasi forma essa appaia in e da noi. Per le donne (ma cosa esiste di più meraviglioso ed unico?), per la famiglia, per gli amici (alcuni davvero importanti), per le granite alla mandorla e tutti i dolci di questa terra, per l’Etna innevata ed i suoi odori, per l’arte, la scrittura, la regia e la recitazione, veri soffi di vita immortale. E’ per tutto questo allora, che vale la pena di fare un bel fagotto del vecchio anno, lasciare solo ciò che di bello ci ha dato e gettare il resto lontano, negli abissi di un oceano infinito. Ebbene, alla luce di tutto ciò, avrei d certo ripreso i sensi mi sarei subio rialzato dall’asfalto come in effetti ho fatto, perché la scelta è e sarebbe stata sempre quella: la vita
A tutti voi, di cuore Buone Feste e mi raccomando vivete al secondo!

martedì 7 dicembre 2010

L'INAUGURAZIONE E LE ABBUFFATE

“Dimmi caro Fagot, secondo te la popolazione… è molto cambiata?” (Bulgakov)
Oggi inaugurazione di una grande libreria in questa città. Vado per prendere contatti e soprattutto per sapere come il grande negozio stia aprendo quasi “in sordina”. Chiedo chi è il capo ma me lo indicano distrattamente, incontro la responsabile eventi che mi aveva mandato una mail. Mi dice che ho il suo account e che posso contattarla. (Successivamente sciorinerà una serie di numeri e nomi di quotidiani per contrastare la mia affermazione apertura “in sordina”, non sapendo a cosa mi riferissi). Uno del direttivo mi dice che la libreria è stata aperta un po’ a sorpresa, visto che l’altro negozio di sola musica non andava più e quando chiedo chi si è occupato delle selezioni del personale, mi ha detto che lo hanno fatto qui in zona! Dietro mia domanda asserisce che il personale di prima è stato ovviamente integrato. che comunque i nuovi assunti sono persone con contratti brevi e che probabilmente non saranno confermati, affermazione fatta quasi a volersi scusare quando io gli dico che da circa 6 mesi guardo per me e per alcuni amici tutti i siti di lavoro nazionali e locali e che non ho trovato traccia di inserzioni di ricerca personale da parte loro. La gente appena aperte le porte, si è fiondata sul rinfresco come api attorno al miele e si notavano bocche stracolme di cibo non abituate a quantità così importanti di formaggi!
Uno che pareva passasse di lì per caso, strimpellava qualcosa al pianoforte, una musica di secondo piano per accompagnare i grugniti di chi si abbuffava.
La gente importante si notava, era quella più brutta con vicino il trofeo di una stangona in minigonna, la cravatta malmessa e la pancia prominente. Poi c'era una donna del direttivo all'ingresso che non riusciva a mettere due parole corrette di fila una dietro l’altra. Ed ecco le autorità che magari di libri non ne capiscono una benemerita mazza. Mi sono stupito di non aver scorto tra la folla l'assessore snob.
Migliaia di persone invadevano marciapiede e strada col povero vigile che fischiava con tutto il suo fiato per evitare che la gente venisse passata al setaccio dai bus.
Un corteo di protesta si piazzava innanzi all'ingresso ma solo per pochi minuti.
Osservo il personale, scambiando qualche chiacchera, i ragazzi sono gentili, le donne seminude no.
Una cosa positiva però la noto, non ho visto in bella mostra il libro di Barbara D’urso, lo avranno messo vicino a quello di Antonella Clerici oppure insieme a quello di Antonio Cassano?
Magari nel reparto “Grande Letteratura” accanto ad autori importanti del passato. Non hanno nemmeno fatto un mausoleo al letterato più importante del nuovo millennio, le cui citazioni e massime riempiono le pagine di Facebook: Volo, ha subissato tutti i maestri.
Si aspetta l’arrivo di Carmen Consoli, orgoglio artistico e “cantereccio” di questa città, allora la gente dopo aver sbafato si mette in fila, una coda che quasi supera in lunghezza quella dell’ingresso, dove vanamente il popolo aspetta che l’altra parte di popolo esca, ma se non arriva la cantante, col cavolo che il megastore si svuoti!
Mi stanco di tutta le gente che spinge e mi sbatte addosso, me ne frego della cantante e ce l’ho su con tutti quanti! C'è un oceano di persone, buona parte dal nobile muso sporco di briciole e formaggio, decido di andarmene, penso a Zarathustra, a Woland e a come spesso le mie ali di cristallo non siano sufficienti a portarmi via.
Vedo il reggente dell’amministrazione comunale, penso di lamentarmi un po’ per lo snobbismo dell’assessore, ma anche lui mi da mosciamente la mano e con l’altra mano quasi mi spinge per levarmi di torno.
Esco e faccio un giro. Allontanandomi dal miele. Più giù sempre nella centralissima via, un corteo di extracomunitari sfila e urla diritti. Alcuni sorridono spontaneamente, e penso come a poche centinaia di metri di distanza esistano le due facce del mondo così diverse tra loro. Avrei fatto entrare ognuno di quei fratelli al rinfresco, sono certo che sarebbero stati più educati. Ah caro Giovannino quanto era reale il tuo verismo, quanto è sacrosanto che non si può sfuggire a certe leggi.
“Di soli e di mondi proprio non so che dire, una cosa sola vedo: che gli uomini si tormentano” (Goethe)

OVUNQUE ABBIA POSTO RESPIRO

Ovunque abbia posto respiro,
l’impronta è svanita.
Potevo dar vita all’aridità,
potevo soffiare sulla terra
nutrirla di lacrime e sospiri,
combattere contro il frastuono delle tenebre.
In quale parte del mondo potrò riporre la mia fuga?
Quale oceano, cielo o foresta potrà accogliere i miei pensieri?
Per coltivarli, rendendoli abisso e nuvole?
Potessi tramutarmi in acqua e fluire via
Potessi diventare fuoco e foglia
libellula ed unicorno.
Scorrere perennemente
cullato dai suoni di vita
che hanno fecondato galassie e firmamenti.
Mi accuccio come un bambino
tra le braccia della nostalgia,
la taciturna madre
di una vita puntellata da stelle di luce e pianeti oscuri.
Devo serrare gli occhi e allontanare i rumori di guerre e battaglie,
solo allora potrò sentire il tuo canto, una nenia
che sussurravi mentre mi tenevi tra le tue braccia.
Un batuffolo di vita, appena sorto al mondo.
I vagiti all’aria e gli occhi a quel pianeta violato.
Erano anni intensi ed effimeri.
Se solo la pioggia potesse portare con se i ricordi,
tramutarli in rugiada e frammenti di arcobaleno.
Se solo il soffio del vento potesse
sferzare parole erranti tra i canneti dei desideri,
vorrei dare vita ad ogni corpo, ad ogni mano che mi ha sfiorato il viso e l’anima,
ad ogni bacio e sospiro,
ad ogni sussulto e fremito,
che la suprema brama ha fatto stillare
dal mio respiro etereo.
Dentro ogni sguardo ho perso un po’ di me stesso,
dentro ogni bacio ho viaggiato, cavalcando albe e tramonti.
Oltre tutto, oltre quello che so e che non so.
Al di là dell’arcano futuro, tra il coraggio e la follia,
c’è qualcosa!
E la cerco avidamente, sul pendio di un monte, sulla cima di un fiume,
o sulla riva di un abisso.
Lì giace uno scrigno, una conchiglia di oceano, adagiata sul fondo.
E’ un mistero remoto che splende in silenzio,
è luce, bellezza, inganno e cupidigia.
E’ l’eterno calice e la subitanea stella.
Cela un’immensa ricchezza, che tra cespugli di spine,
riposa e palpita.


Al mio cospetto,
la meta dell’estenuante vagare
si desta dal suo sonno eterno,
scosta nebbia e lacrime al di là del cielo,
soffia lieve sui miei occhi chiusi,
carezza le mie mani stanche,
bacia le mie terree labbra,
scioglie i capelli e donate le trecce al maestrale
tesse il suo nome sui confini del tempo,
mi sorride e mentre svanisce
urla in silenzio con tutto il fiato che ha:
eccomi uomo, son io, la felicità.

sabato 23 ottobre 2010

VIANDANTI E NINFE

Mentre la metropoli arranca,
la nave infiamma i motori.

Ha imbarcato anime ed acqua,
viandanti e ninfe.

Han pagato oboli e pegni
per oltrepassare la furia dei freddi perenni.
Alle bramate sponde
l’ardito pensiero approda.

Spenti gli specchi di sole,
i traghettatori del tempo
han rubato afa e tempeste.

Gelano arcipelaghi e continenti,
l’aria cristallizza,
il vapore freme.

Bocche di sirene
tessono un’armonia di sospiri e pulpiti.
Alle ingannevoli voci
sfuggono carezze e baci.

A due sputi di stelle
dall’infinito,
lego le mie paure
all’albero maestro.

Chetate le acque,
cullo la mia ombra naufraga
e aspetto…

.

martedì 7 settembre 2010

IL CONFINE DEL VENTO

Ad un passo dal confine del vento,
rinfresca il tempo.

Sui fanali abbandonati,
la luce modula i suoi battiti,
mentre l’afa scivola via,
portando con se gli astri più belli.

Il brusio della città,
diviene ticchettio di pioggia,
la dolce vita indossa l’autunno,
l’alito impervio di una nuova stagione soffia impietoso
e compone la musica che porta via un’altra estate.

E’ il suono lontano di un coro con tanti solisti:
la danza, le mandorle e i sospiri,
gli amici, il sapore dei baci e il vano tentativo di fermare la notte,
i sonni agitati e il respiro del mare,
la libertà perduta e le oniriche fughe,
le feste, le stelle e la poesia.
I ricordi sono vernici
di mille colori,
da imprimere a fondo
su una tela di cielo.

La felicità
è’ un eterno tramonto.